CHIESA  CRISTIANA "PAROLA DELLA GRAZIA" ISPICA 

 

 

 

Predicatore: Pastore Rosario Spadaro

 Matteo 25:14 «Inoltre il regno dei cieli è simile a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni. 15 A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno; a ciascuno secondo la sua capacità; e subito partì. 16 Ora colui che aveva ricevuto i cinque talenti, andò e trafficò con essi e ne guadagnò altri cinque.  fino al v.30

La parabola fa riferimento ad un signore-padrone che, prima di partire per un viaggio, affida ai suoi servi, acquistati, dei talenti cioè dei denari per farli fruttare; possiamo dire che il signore li rende amministratori di una parte dei suoi beni ed assegna ad ognuno una quantità di talenti diversa in base alle loro capacità. Infatti al primo assegna 5 talenti, al secondo ne assegna 2 ed ad un altro 1. Questo dimostra che comunque il signore ha fiducia nelle capacità dei suoi servi, proprio come avvenne a Potifar che si fidò di Giuseppe al punto tale che lo nominò amministratore unico di tutti i suoi beni.

I talenti di quel tempo potevano essere di oro, di argento e di bronzo. Molto probabilmente quelli di cui si parla nella parabola dovevano essere d'argento, ed ognuno valeva all'incirca 6.000 denari pari a circa trecento mila euro di oggi. Capiamo che si trattò di una grande somma di denari affidata a ciascun servo. I primi due servi immediatamente si dettero da fare per trafficare i talenti ricevuti e furono soddisfatti, dinanzi al padrone, di quanto li ebbero fatti fruttare. Il terzo servo, invece, seppellì il talento che aveva ricevuto e si mormorò e lamentò con il suo signore, accusando quest'ultimo di avere un brutto carattere che incute paura ed adducendo questo per giustificarsi del fatto di non avere trafficato il talento. Si trattava solo di scuse, in realtà il servo non aveva compreso che aveva le capacità di far fruttare il talento e che non avrebbe rischiato nulla se lo avesse fatto, perché il servo non è padrone di niente, neanche della sua stessa vita.

Allo stesso modo siamo noi: tutto quello che abbiamo non è nostro ma di DIO, compresa la nostra vita, che ci viene data in prestito e che ci può essere richiesta in qualsiasi momento. Il padrone dei servi della parabola è DIO che affida ad ognuno di noi delle capacità per essere di benedizione per gli altri. Se saremo fedeli nel poco che Lui ci affida(che in realtà è moltissimo per noi) Lui ci affiderà molto di più, perché siamo preziosi ai suoi occhi. DIO ci affida dei doni perché sa che abbiamo le capacità per farli fruttare. DIO non guarda alla quantità del frutto prodotto ma alla fedeltà di come lavoriamo per produrre il frutto. Questo ci ricorda Giosuè che era chiamato da DIO, servo di Mosè fin quando quest'ultimo era sulla terra. Ma quando Mosè non ci fu più, DIO chiamò Giosuè a condurre il popolo ebraico nella terra promessa, perché fino ad allora Giosuè era stato un servo fedele. DIO è un DIO giusto che ci dà fiducia affinché facciamo delle cose in base alle capacità che Lui stesso ci ha dato. Siamo stati chiamati a mostrare, attraverso la nostra vita, l'Amore di DIO, la Sua grazia e la Sua Parola; chi guarda noi, deve vedere il Signore Gesù. Questo significa essere operai nella vigna di DIO. Quando Lui ci chiama a fare qualcosa ci sta dando un grande privilegio e sta mettendo alla prova la nostra fedeltà.

1 Corinzi 4:1 Così l'uomo ci consideri, come ministri di Cristo, e amministratori dei misteri di DIO. 2 Ma del resto dagli amministratori si richiede che ciascuno sia trovato fedele.

E' DIO stesso che ci vuole suoi amministratori fedeli.

1 Corinzi 12:7 Or a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l'utilità comune.

DIO ci ha dato dei doni non solo per noi stessi ma anche per utilità degli altri. Lo stesso dicasi per i doni che hanno gli altri e che sono utili per noi. Da questo si vedrà l'unità del Corpo di Cristo.

1 Corinzi 12:11 Or tutte queste cose le opera quell'unico e medesimo Spirito, che distribuisce i suoi doni a ciascuno in particolare come vuole.

DIO distribuisce i doni dello Spirito in base alla trasformazione del carattere spirituale di ognuno dei suoi figli, secondo della rivelazione che hanno della Sua Parola. Da questo comprendiamo che non rischiamo nulla se ubbidiamo alla volontà di DIO ed agiamo di conseguenza. 

1 Pietro 4:10 Ciascuno, secondo il dono che ha ricevuto, lo metta al servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di DIO.

La Parola di DIO è chiarissima: i doni ricevuti vanno messi a disposizione degli altri.

 2 Corinzi 5:14 Poiché l'amore di Cristo ci costringe, essendo giunti alla conclusione che, se uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti; 15 e che egli è morto per tutti, affinché quelli che vivono, non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto ed è risuscitato per loro.

Se siamo morti a noi stessi, viviamo per Cristo e per la capacità di Cristo che vive in noi. 

Giacomo 4:17 Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato.

Ogni persona che sa fare il bene ha un talento che deve essere trafficato e che serve a DIO per vedere la fedeltà di quella persona. Se quest'ultima non fa il bene pur potendolo fare, dovrà rendere conto a DIO proprio come toccò al servo che ebbe un talento e non lo trafficò e che, a causa di questo, gli fu tolto il talento e fu cacciato via.

A questo punto ci è utile chiederci come vediamo il nostro DIO: se lo vediamo come un DIO rigido e che incute paura, così come lo vide il servo al quale fu affidato un talento; oppure un DIO che ci da l'onore ed il privilegio di darci l'opportunità di dimostrare la nostra fedeltà e ci da la possibilità di ricevere il premio che ci ha preparato.

Quindi ciò che è importante è fare il bene e non tirarsi indietro, perché se non lo facciamo, questo ci farebbe commettere peccato e ci farebbe scavare una fossa dove saremmo gettati e dove non potremo ricevere più il premio che DIO ci ha preparato, qualora avessimo trafficato il nostro talento. Amen.

 

 

 

Accesso utenti